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sabato 25 settembre 2010

Nel mosaico della politica SEL guardi al disegno e non alle tessere.


Tom Benetollo amava ripetere che “arrendersi al presente è il peggior modo di costruire il futuro”.
Noi a questo presente non intendiamo arrenderci.
Non ci vogliamo arrendere ad un’idea di politica come arena della casta, centrata su ambizioni ed interessi personali, di potere finalizzato a produrre altro potere, che sempre meno assolve a funzione di “servizio” e sempre più, semmai, a quello di “sevizietto”.
Vogliamo partecipare alla costruzione di un futuro di equità, giustizia e benessere. Cercare di coniugare due esigenze che in questo momento ci sembrano prioritarie: la prima è ritrovare, come dice Nichi Vendola, le parole della sinistra; la seconda è costruire su di esse una nuova comunità condivisa.
Siamo fermamente convinti che la nascita di Sinistra Ecologia e Libertà e la figura di Nichi Vendola possano fornire nuove idee e nuove soluzioni a questo progetto e al Paese, e siamo altresì convinti che il congresso che ci apprestiamo a svolgere possa essere una buona occasione per cominciare a metterle in pratica.
Ma occorre fare uno scatto culturale, comprendere come oggi alcune “parole” siano propedeutiche rispetto ad altre.
Oggi in una società della comunicazione, con i suoi modi ed i suoi tempi, anziché ricercare una grande ideologia escatologica che contenga in sé ogni risposta, abbiamo bisogno di ridefinire un pensiero “caratterizzante” ed “indicativo”, pochi punti fermi ma chiari, che identifichino subito la proposta politica che si vuol rappresentare, da cui far discendere “coerentemente” le scelte che di volta in volta si pongono.
Ricusate le sabbie mobili della cattiva politica abbiamo bisogno di terreno buono per i mattoni solidi della costruzione di una nuova comunità.
Purtroppo l’ egemonia culturale e politica raggiunta negli ultimi decenni da una destra reazionaria e delinquenziale e l’incapacità di un centrosinistra, subalterno culturalmente, di fornire un’alternativa hanno imposto un modello sociale dominato dalla legge del più forte, in cui libertà è sinonimo di mancanza di regole.
Questa degenerazione è ancora più evidente se più volte ci siamo dovuti ricredere di fronte a fatti di cronaca che hanno mostrato come essere etici ed essere di sinistra non per tutti significa una cosa sola e non per tutti significa la stessa cosa.
Sappiamo come spesso questi elementi di corruzione non siano ascrivibili alle volontà di un quadro dirigente nazionale, né tanto meno ad una prassi consolidata, ma anche e soprattutto dalla presenza di una struttura “leggera”, che diversi partiti hanno assunto.
Le ragioni che hanno portato a questa “leggerezza” sono diverse ma i rischi a cui tali soggetti sono esposti possono essere i medesimi: si può essere “leggero” perché si è un partito di plastica come il PDL, uno paralizzato in mille correnti come il PD, o perchè non presenti in parlamento e quindi ancora non dotati di una struttura nazionale forte.
In ogni caso, se non vengono prese le opportune controindicazioni, vi può essere il rischio di approdare, a quello che Walter Tocci definisce, il modello “di partito in franchising”: un soggetto tenuto insieme da un simbolo ed un leader nazionale televisivo, ma costituito a livello territoriale da notabili la cui amministrazione è sottesa unicamente al consolidamento del proprio peso elettorale (talmente privato da poter essere travasato tout court in altre formazioni qualora non trovino disponibilità nell’attuale).
Al leader nazionale il voto d’opinione, ai notabili quello di scambio senza che i due ambiti possano interferire l’uno con l’altro, e non per connivenza o per scarsa autorevolezza dei primi sui secondi, ma semplicemente perché alla “leggerezza” del livello nazionale corrisponde il “peso” di quello territoriale.
Ciò è facilitato anche dalla legge elettorale tuttora in vigore che oltre a depredare i cittadini del loro diritto costituzionale di scegliere i propri rappresentanti, è doppiamente deleteria perché produce una classe dirigente “nominata” e quindi assolutamente priva di peso politico sul territorio e nel partito.
Le conseguenze nefaste di un simile processo per la vita democratica di un partito sono evidenti: gli elettori in questione sono più clienti che cittadini o militanti.
Essi non sono interessati ai programmi e alla vita del partito, sono estremamente volubili appena viene meno il rapporto do ut des.
Il mantenimento di questo potere è pertanto legato al mantenimento di “status” da conseguire con provvedimenti ad hoc e campagne elettorali sempre più dispendiose.
I comitati elettorali diventano strutture “non fisiche” ma permanenti ed in fase congressuale si trasformano in correnti organizzate che attraverso il tesseramento cercano di orientare gli organismi dirigenti locali per ottenere gruppi favorevoli.
In questo modo non si crea e non si nutre una classe dirigente capace di vincere le elezioni e di fare scelte di governance locale e nazionale ma si creano piuttosto apparati capaci di spartirsi la torta quando in maggioranza oppure capaci solo di fare “apposizione” di governo piuttosto che opposizione, quando in minoranza.
Occorre riscoprire la passione e l’attitudine alla ricerca del consenso e non coltivare recinti “protetti”.
Perché aderire a qualcosa in cui non si conta? Perché perdere tempo in luoghi dove non si realizza?
Non è sufficiente presentare i problemi con un nuovo linguaggio, più emozionante di quanto lo sia stato in passato, se alla soluzione di quei problemi non partecipano coloro che li sentono quotidianamente sulla propria pelle.
Occorre far percepire alle persone l’intenzione di avviare un processo di cambiamento partecipato, un protagonismo diffuso per la riappropriazione in termini collettivi del proprio futuro.
Non è un problema minore né attinente solo alla vita democratica di un partito ma alla “serietà” con cui viene percepita la sua proposta. Tale coerenza sarà determinata dalla minore o maggiore distanza tra ciò che si è e ciò che si vuol costruire.
Pensiamo al bilancio partecipato, la battaglia per i diritti e contro l’esclusione sociale, ai beni comuni, tutti temi che non saranno percepiti come uno slogan retorico se la forza che si batte per essi avrà dimostrato di aver già introiettato in sé i principi che sottendono a questi.
Con questo spirito ad esempio Sinistra Ecologia e Libertà deve volgersi alla sfida delle primarie, non come competizione per l’affermazione di una leadership o come uno strumento di consenso, ma come grande occasione per scardinare l’immobilismo politico che ormai caratterizza il quadro politico soprattutto nel centro sinistra. La gente vuole partecipare alle scelte, non essere solo spettatore di ciò che accade.
Occorre inserire in questo passaggio idee, proposte e nuove prassi che contribuiscano a forzare le ormai croniche ostilità di un gruppo dirigente che è minoranza nella produzione culturale e politica ancora prima che elettorale.
Sinistra Ecologia e Libertà è invece una forza giovane che può attrarre giovani forze.
Non possiamo lasciare la bandiera dell’equità e della trasparenza a formazioni come l’IDV o la lista Grillo cha uniscono a giuste istanze di rinnovamento richieste dai cittadini anche un sentimento di antipolitica . Serpenti che si divorano dalla coda, utile ad aggregare malcontento, ma non a governare un paese.
Le nuove tecnologie che oggi abbiamo a disposizione posso fornire un valido contributo: rendere disponibile sulla rete, le proprie proposte con la possibilità di modificarle dal basso, il proprio bilancio interno, il comportamento di voto dei propri eletti, i costi delle campagne elettorali, contribuire a scrivere collettivamente i programmi di governo, costituiscono per una forza politica l’opportunità di aprire un nuovo corso.
Occorre però vigilare che dietro nuove forme di adesioni non si annidino vecchie pratiche politiche. Occorre combattere quella “mentalità berlusconiana che rischia di attecchire anche a sinistra” come dice Nichi Vendola.
Una testa un voto. Perché del voto e dell’iscrizione ci interessa la testa.
Chiediamo quindi ai compagni che condividono questo documento di sottoscriverlo, di emendarlo, di presentarlo ai propri congressi di circolo e di utilizzarlo per odg ed in ogni altra occasione di discussione, perché per quante regole, norme e metodi ci si possa dare ciò che fa la differenza è una nuova coscienza etica condivisa.
Ileana Itinera Izzillo – Andrea Valeri

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