“25 Aprile. Buona Pasquetta” era il titolo dei manifesti che circondavano la città di Roma, mentre autorevoli esponenti della maggioranza di governo lasciavano fiumi di dichiarazioni stampa con punti interrogativi sul senso di festeggiare il 25 aprile o, peggio ancora, sulla necessità di non distinguere piu tra vinti e vincitori, tra una parte giusta e una parte sbagliata. Come se fossimo e fossimo stati tutti uguali.
Dichiarazioni che sono già una risposta a tutti coloro che si chiedono se abbia ancora senso celebrare il 25 Aprile. Ha senso per ritrovare la memoria di un paese, onnubilato dal revisionismo storico che nega la Resistenza come lotta di popolo, il riscatto di una nazione che ha ceduto alle lusinghe del fascismo e ha pagato i costi umani e sociali delle legge razziali e della guerra.
Ma se fosse solo questo sarebbe una mera commemorazione, un rito che rischia di estinguersi con la generazione che ha vissuto in prima persona l’esperienza di divisione, di lotta civile che il fascismo ha imposto all’Italia.
Oggi, nel 2011, in un paese ancora diviso fra nord e sud, dove una maggioranza illiberale vuole stravolgere la Costituzione nata dalla lotte partigiane, celebrare il 25 Aprile significa battersi, come allora, per i valori di solidarietà e di libertà. Significa, come allora, fare argine contro la deriva populista. Significa, come allora, lottare per una società più giusta, basata sui diritti di tutti e non sui privilegi di pochi.
Come allora, le forze democratiche devono resistere all’offensiva di una destra piena di livore, che divide l’Italia, che vuole annullare il dissenso, che punta a stravolgere le istituzioni democratiche. Mai come in questo momento, gli ideali della lotta di Liberazione hanno bisogno di essere difesi e arricchiti di significato.
Ma non possiamo solo pensare a difendere. Dobbiamo guardare avanti. La “tempesta perfetta” che si è abbattuta sulle istituzioni, che ha scardinato le ragioni dello stare insieme che ci ha consegnato un paese xenofobo e razzista, è destinata, prima o poi, a passare. Dopo “l’uragano Berlusconi” bisognerà ricostruire questo paese e non possiamo permettere che siano i Fini e Casini a rimettere insieme i “cocci”.
Serve un progetto alternativo di società, un ribaltamento di prospettiva che sappia aggregare reti di cittadini, movimenti e associazioni. I partiti, anche quelli di centro-sinistra, da soli non ce la fanno. Abbiamo bisogno di liberare le energie dei giovani di ristabilire il rapporto sentimentale con il nostro popolo.
Così le bandiere del 25 Aprile riprenderanno il loro autentico significato: un popolo che si riappropria del futuro!
Umberto Guidoni
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